Dal discorso di Adriano Olivetti alle maestranze della società
“[…] Fin dal tempo che studiavo al Politecnico di Torino i mattoni rossi della fabbrica mi incutevano un timore e avevo paura del giudizio degli uomini che passavano lunghe ore alle macchine quando io invece disponevo liberamente del mio tempo. Ora che ho lavorato anch’io con voi tanti anni, non posso io stesso dimenticare e accettare le differenze sociali che come una situazione da riscattare, una pesante responsabilità densa di doveri. […]”
Ivrea, 24 dicembre 1955
Adriano Olivetti – #adrianoolivetti
Nasce ad Ivrea l’11 aprile del 1901 dal padre Camillo e dalla madre Luisa Revel. Dopo la laurea in ingegneria chimica e dopo una permanenza di sei mesi negli Stati Uniti entra nella Olivetti, fondata dal padre nel 1908, come operaio. Di quella esperienza ne farà tesoro e, più avanti, affermerà che non sia possibile dirigere un’azienda se non si conosce la giornata di un operaio.
Partecipa con il padre, con Ferruccio Parri, Carlo Rosselli e Sandro Pertini alla liberazione di Filippo Turati.
Nel 1937, a testimonianza della sua grande attenzione per il rapporto fra impresa e territorio, partecipa agli studi per un piano regolatore della Valle d’Aosta.
Nel 1938 diventa presidente della Olivetti.
Nel 1945 pubblica “L’ordine politico delle Comunità” in cui teorizza un’organizzazione del paese fondata su unità territoriali culturalmente omogenee e economicamente autonome (la “Comunità”).
Nel 1948 fonda a Torino il “Movimento Comunità” impegnandosi affinché possa realizzarsi la sua visione di “Comunità” in Canavese (Torino). Vengono creati i centri comunitari, il cui scopo sarà quello di organizzare iniziative culturali che contribuiscano ad elevare il livello di vita dei piccoli centri del Canavese investiti dal processo di industrializzazione. E’ proprio la proposta del Movimento Comunità che attirerà molti intellettuali, anche di diversa formazione sia politica che culturale, trovando così adesioni oltre che nel Canavese, anche in altre regioni italiane.
Nel 1950 diviene presidente dell’Istituto nazionale di urbanistica, carica che manterrà fino al 1960.
Nel 1953 apre uno stabilimento innovativo a Pozzuoli in un’area campana con grossi problemi economici, offrendo non solo salari maggiori alla media locale, ma altresì fornendo assistenza e istruzione anche ai figli dei dipendenti. Nel Sud d’Italia povero ed arretrato di allora questo risulta essere uno stimolo in più che spinge i lavoratori a lavorare con estremo impegno e a far raggiungere all’insediamento risultati superiori anche agli stabilimenti eporediesi.
Nel 1956 l’Olivetti riduce l’orario di lavoro da 48 a 45 ore settimanali a parità di salario, così anticipando di numerosi anni, quello che poi, a livello nazionale, verrà raggiunto con i contratti collettivi di lavoro.
Nel 1959 Adriano conclude un accordo per l’acquisizione della Underwood, azienda americana leader nei prodotti per ufficio con quasi 11.000 dipendenti.
La mente geniale e visionaria di uno dei più grandi uomini nati in Italia nel novecento, che realizzò la sintesi creativa tra la cultura tecnico-scientifica e quella umanistica, si spense il 27 febbraio 1960, improvvisamente, durante un viaggio in treno da Milano a Losanna.
Al momento del suo decesso l’azienda fondata dal padre, da lui per lungo tempo diretta ed elevata a colosso mondiale, vantava una presenza sui maggiori mercati internazionali, con circa 36.000 dipendenti (25.000 in Italia).
Industriale, urbanista, editore, scrittore, imprenditore, filantropo, visionario, intellettuale, nessuna di queste definizioni è in grado di raccontare Adriano Olivetti dalla cui mente visionaria si è sprigionata l’energia necessaria non solamente a mettere in moto dinamiche che durano da anni, ma che hanno indicato strade fino ad allora non percorse ed i cui effetti sono ancora visibili oggi, nel 21° secolo e studiate in varie parti del mondo.
Atene degli anni 50 – #atenedeglianni50
Grazie all’ottimo andamento della Olivetti e ai suoi ideali comunitari, Ivrea negli anni cinquanta attirò un gruppo straordinario di intellettuali ed artisti che operavano nelle più disparate discipline, inseguendo e realizzando l’idea di una sintesi creativa tra la cultura tecnico-scientifica e quella umanistica.
La bellezza, insieme all’amore, alla verità e alla giustizia, rappresenta un’autentica promozione spirituale. Gli uomini, le ideologie, gli stati che dimenticheranno una sola di queste forze creatrici, scrive Olivetti ne “La città dell’uomo“, non potranno indicare a nessuno il cammino della civiltà.
Probabilmente è proprio per questo che gli ambienti pensati dall’ingegner Adriano (come alcuni affettuosamente chiamavano Adriano Olivetti) avevano come elemento costruttivo predominante il vetro, per consentire il passaggio della luce, per far si che i lavoratori non si sentissero alienati dal paesaggio e mantenessero il rapporto con la natura ed il radicamento al territorio. Sì perché Adriano Olivetti costruiva fabbriche che non imbruttissero il paesaggio e l’uomo, non solo luoghi di lavoro atti alla produzione.
La biblioteca aziendale Olivetti era a disposizione dei dipendenti in qualsiasi momento della giornata, anche durante l’orario di lavoro.
Nella mensa si organizzavano spettacoli teatrali con importanti compagnie teatrali.
Renato Guttuso nel 1946 realizzò un grande dipinto dal titolo “Boogie-Woogie” per il negozio Olivetti di via del Tritone a Roma. Quando il negozio chiuse, molti anni dopo, l’opera venne trasferita nello stabilimento di Scarmagno e fu posizionata accanto alla mensa, in una zona attraversata quotidianamente da migliaia di dipendenti.
Ancora oggi è possibile leggere parte del discorso inaugurale degli edifici destinati alla biblioteca ed infermeria aziendali pronunciato nel 1958, riportato a futura memoria, sul marmo posto all’ingresso:
“ Questa nuova serie di edifici posta di fronte alla fabbrica sta a testimoniare con la diligente efficienza dei suoi molteplici strumenti di azione culturale e sociale che l’uomo che vive la lunga giornata nell’officina non sigilla la sua umanità nella tuta di lavoro ”
La Fondazione Adriano Olivetti ha patrocinato il progetto
sostenendolo sin dalla sua nascita.
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